SEGNALI GIALLI & NERI
di Giuseppe Isnardi
recensioni
Ferrucci & Leonelli: OMICIDI PARTICOLARI
Ed. Piemme, Casale Monferrato, 2000 (L. 30.000)
La neo-nata coppia letteraria F. & L. (alla quale non mancano certo i numeri per avere il successo della “storica”, Fruttero & Lucentini) risponde ai nomi di Paolo Ferrucci (socio del nostro Club, che fa il consulente aziendale a Forlì) e di Giacomo Leonelli (che insegna Diritto e Economia in quel di Rimini).
Questo loro primo romanzo, nonostante lo strillo di copertina, non è un thriller bensì un giallo classico con tanto di enigmi e detective dilettanti, oltre quelli professionali, vittime, indagini e soluzione finale. Il professor De Bellis viene trovato ucciso nel salone ottagonale di casa sua, con il cranio fracassato da una statuetta di marmo raffigurante un androgino cui manca la testa, spezzatasi per la botta. C’è una vaga assonanza con LA DONNA DELLA DOMENICA (il morto, l’arma del delitto).
Qui però siamo nella provincia riminese. C’è la comunità per tossicodipendenti con il suo sanguigno patriarca Querzoli (che ricorda Muccioli e San Patrignano) con i suoi misteri, le sue contraddizioni, la sua difficile realtà, le sue sedute spiritiche, i suoi personaggi dubbi. Gli assassini di De Bellis saranno i due ospiti fuggiti la sera prima dalla comunità? Oppure l’ambiguo Grumbacher, erborista e fabbricante di uccelli di legno, seguace di Rajneesh? O Bartolini, baby-pensionato Enel per invalidità, che osserva tutto e tutti con il cannocchiale? O chi altri?
Il protagonista è Emilio Mazza, paleografo ricercatore presso l’Università di Bologna, lasciato dalla moglie, appena ritornato da un viaggio a Cuba per dimenticare. Il magistrato inquirente, Pierleoni, lo nomina perito del Tribunale per decrittare documenti ritrovati nello scantinato di casa De Bellis: antichi testi alchemici ed esoterici e il diario del morto redatto in un misterioso alfabeto cifrato. Ma alcuni fascicoli mancano. Chi li ha presi? Cosa contengono? L’assassino è insospettabile sino alle ultimissime pagine. Solo decrittando il diario segreto, Mazza trova una pista che, con l’aiuto di Luca Baschetti dell’Eco di Rimini, lo condurrà a svelare il perché di tutte le morti misteriose.
Il libro è corredato dell’elenco dei personaggi, ad uso del perfetto giallofilo, e di un altrettanto utile glossario dei termini alchemici che sono onnipresenti nel testo in modo insistito ma istruttivo. Antichi trattati della tradizione ermetica, alfabeti cifrati, pietre filosofali, athanor, alambicchi, uovo filosofico, prima materia e polvere di proiezione che trasforma il metallo vile in oro sono gli appropriati ingredienti – insieme al sesso e ai delitti - di questo giallo intrigante, interessante e ricco di risonanze erudite alla Umberto Eco.
Unico appunto, il risguardo della sovracoperta riporta alcune inesattezze quali: la definizione di thrill
er, l’affermazione che la vittima è vestita da donna, Mazza viene chiamato Augusto.
Enrico Solito: SETTE MISTERI PER SHERLOCK HOLMES
Ed. Hobby & Work, Bresso, 2000 (L. 16.000)
Molti scrittori, giallisti e non giallisti - da Ellery Queen a John Dickson Carr, da Nicholas Meyer a Michael Dibdin – hanno contribuito a mantenere in vita quel gigantesco personaggio-archetipo che è Sherlock Holmes, alimentando la tradizione degli apocrifi holmesiani. Ma colui che in Italia è il più preparato e gradevole rivisitatore dell’immaginario sherlockiano è senza dubbio Enrico Solito, che al famoso detective ha già dedicato un’enciclopedia (I 17 SCALINI, Il Torchio, 1998) e due precedenti raccolte di racconti apocrifi (UNO STUDIO IN HOLMES, Biblioteca del vascello, 1995; I CASI PROIBITI DI SHERLOCK HOLMES, Hobby & Work, 1998).
Solito, neuropsichiatra infantile, vive e lavora in Toscana ed è l’attuale presidente dell’associazione sherlockiana “Uno Studio In Holmes” per la quale cura la rivista “The Strand Magazine”. Appassionato studioso di storia e cultura inglese, Solito riesce a ricreare perfettamente ambiente e società dell’epoca tardo-vittoriana, rielaborando i temi e le situazioni dell’universo sherlockiano alla luce di una profonda e globale sensibilità moderna. Questo, a mio parere, ne è il pregio più elevato, ma a Solito non mancano certo altre doti indispensabili per un ottimo scrittore: trame solide, stile fluente, ritmo narrativo giusto, dialoghi scorrevoli. Il tutto è pervaso di elegante e sottile umorismo.
L’autore finge di aver ritrovato in un vecchio baule dell’esercito indiano l’archivio segreto del dr. Watson, di cui aveva già divulgato sei casi ne I CASI PROIBITI DI SHERLOCK HOLMES. E’ ora la volta di altri sette misteri: L’avventura della tredicesima porta, Il mistero del Drago di Fuoco, La scomparsa di Lady Freemont, Il “Krisna di Kangra”, Il caso dell’esatta diagnosi, L’enigma del giocatore di scacchi, L’uomo di Piltdown. Sono racconti deliziosi, di cui non dico per non guastare e per fare meglio gustare la sorpresa degli intrecci mystery uniti all’utilizzo ludico di personaggi celebri, storicamente plausibili, come Lewis Carroll, Theilhard de Chardin, Albert Einstein, Charlie Chaplin, Alessandro Manzoni…
Dalla postfazione di Solito apprendiamo che le associazioni di “holmesofili” sparse per il pianeta Terra all’alba del Terzo Millennio sono 755, di cui 432 in costante attività. The game is afoot.
Derek Raymond, IL MIO NOME ERA DORA SUAREZ, Meridiano Zero, aprile 2000 (L.25.000)
Pubblicato nel 1990 e ben tradotto in italiano per la prima volta da Alberto Pezzotta per questa edizione, fa seguito ai tre precedenti, già pubblicati da Meridiano Zero (E MORI’ A OCCHI APERTI, APRILE E’ IL PIU’ CRUDELE DEI MESI, COME’ VIVONO I MORTI), tutti appartenenti al ciclo della “Factory” Sezione A14. .
Questo I WAS DORA SUAREZ è un romanzo che dapprima prende a calci lo stomaco e poi stringe il cuore.
Il cervello gode perché un libro così resta memorabile per il suo perfetto equilibrio tra orrore e detection, tra disgusto per la realtà atroce delle descrizioni e compiacimento per la narrazione, tra ribrezzo per la personalità ripugnante dell’assassino e ammirazione per il positivo codice morale dell’investigatore (discutibile eventualmente solo per il finale). Ma il cuore sanguina perchè nell’universo cupo e disperato di Derek Raymond/Robin Cook, a Dora Suarez – prostituta malata senza speranza, la cui vita è stata annientata a colpi di scure e oscenamente oltraggiata da uno psicopatico di agghiacciante squallore - il destino ha negato persino il rispetto della sua ultima e intima scelta di darsi la morte con dignità e consapevolezza. Si era vestita per morire, come direbbe Dylan Thomas, ma uno scellerato depravato ha incarnato il destino, privandola anche della morte oltre che della vita.
Il protagonista è sempre il sergente con la moglie in manicomio perché ha ammazzato la loro figlia al culmine della sua irreversibile follia, radiato e reintegrato perché, pur se insofferente alla gerarchia, rimane il miglior investigatore della Sezione per la sua straordinaria capacità di immedesimarsi negli assassini e dunque di portarne a termine la caccia con successo. Quando la stampa e l’opinione pubblica chiedono che un pericoloso psicopatico (“il killer della mannaia”) venga assicurato alla giustizia a tutti i costi, il superiore innominato (“la voce”) del sergente lo richiama urgentemente in servizio dandogli carta bianca purchè lo trovi e la cittadinanza possa stare di nuovo tranquilla. Questa volta il sergente, oltre che immedesimarsi nel colpevole, s’immedesima in modo addirittura inquietante e morboso anche nella vittima. Il suo eccesso di pietà verso Dora Suarez, la vittima uccisa alla vigilia del proprio suicidio, è tale da fargli praticamente perdere la ragione, sprofondandolo in una lucida follia tesa solo all’annientamento dell’aberrante macellatore.
Questo romanzo imperdibile per gli estimatori del noir più nero è scritto in tre modi: in terza persona, in prima persona con l’io narrante del sergente e in prima persona con l’io narrante di Dora Suarez che parla attraverso il suo diario (un quaderno a righe da quattro soldi, ritrovato dopo la sua morte). Romanzo nerissimo, che narra di vite senza speranza, di esistenze troncate violentemente, che poco o nulla avevano chiesto in vita e di cui la giustizia grida assolutamente il riscatto. Ma non è una giustizia sociale quella che cerca il sergente (Raymond stesso?), è una giustizia umana, una restituzione di pietà negata a morti che non vogliono morire e che continuano a urlare il proprio dolore. Non è un caso come gli altri per il sergente, che prende Dora Suarez come simbolo della sofferenza di tutte le vittime innocenti e la sua morte indecente e ingiusta come il segno inesorabile di un ordine infernale che stritola le esistenze. Dopotutto però anche il pessimismo raymondiano ristabilisce una nota di giustizia se non di speranza: anche se nessuno potrà restituire la vita a Dora, alla fine il Male non prevarrà.
In chiusura voglio elogiare l’editore, Marco Vicentini, che in pochissimo tempo è riuscito a guadagnarsi la stima e l’apprezzamento di molti lettori per le sue scelte di opere di altissima qualità, tradotte accuratamente e appositamente, quasi sempre per la prima volta in Italia. Ormai per i suoi tipi escono due libri ogni mese e sono sempre il frutto di una scelta sofisticata che non concede nulla al lato commerciale ma privilegia esclusivamente il valore intrinseco e letterario. I libri delle sue collane e specialmente “meridianonero” possono a ragione essere definiti veri e propri “spari nel buio”. Grazie, Marco e so long!
Rita Pieraccini, TROPPO PERFIDA PER VIVERE, Il Ponte Vecchio, maggio 2000 (L.20.000)
Giordana Petroselli, direttrice del Centro Riabilitazione Fisica di San Pancrazio – paesino medievale della Romagna – viene uccisa una sera di novembre nel suo ufficio con una pugnalata al cuore. Molti colleghi e colleghe fanno salti di gioia per la sua prematura dipartita perché era una vera carogna con tutti, anche con i parenti. Troppo perfida per vivere, appunto. Di investigare sul caso viene incaricata la vice-commissario Delia Del Bianco, coadiuvata dall’agente Edvige Parisinotto. La vittima è stata prima colpito alla testa da una statuetta raffigurante Priapo che nell’urto si è rotta perdendo il suo sproporzionato attributo. Il caso è difficile perché praticamente tutti i suoi colleghi e colleghe, compreso il presidente, la odiavano. La situazione non è migliore con i parenti: i nipoti non hanno più voluto vedere la zia sin dalla morte dei loro genitori per un incidente automobilistico. Risulta anche che la Petroselli ricevesse molte lettere anonime, ma l’indagine stabilisce che una gran parte se le scrivesse da sola. L’assassino o l’assassina fa una seconda vittima: è Rebecca Pompignoli, infermiera che dietro la facciata fa i soldi a suon di ricatti e di prestiti ad usura. Il suo cadavere viene ritrovato semicarbonizzato dentro la sua auto. A casa sua le investigatrici scoprono, ben nascosto, un vecchio quadernetto che documenta la sua decennale attività di usuraia e ricattatrice. Tra titoli, azioni, obbligazioni e depositi i suoi “risparmi” ammontano a circa 60 miliardi. Sono molte le persone rovinate dalle sue esose richieste e pertanto i sospettati. Frattanto il beneficiario del testamento Petroselli, l’anziano avvocato Magalotti – suo ex marito – diventa la terza vittima. A questo punto è bene non proseguire nella trama per non guastare il piacere del lettore.
E’ una storia che contiene omicidi, ricatti, usura, lesbismo, lettere anonime, liti familiari, corruzione. Il romanzo è molto realistico sia nei dialoghi sia nel descrivere la vita di un paese, un mondo chiuso dove tutti sono legati a filo doppio e dove rivalità, malignità, litigi, segreti infamanti conosciuti da altri sono credibili e verosimili. In una città non sarebbe stato possibile ambientarlo: difficile credere che in un ufficio cittadino tutti, dal presidente al custode, possano avere rapporti così stretti. Il giallo è di quelli classici, con gli indizi sapientemente dissimulati. Ricorda un po’ quelli con Nero Wolfe, per il tono ironico e leggero della scrittura, per la spalla scanzonata dell’investigatrice protagonista, per la formula della spiegazione finale con la convocazione di tutti i personaggi, sospettabili e insospettabili…Naturalmente la vice-commissario Delia Del Bianco non è Nero Wolfe, nel senso che si muove, eccome! Il suo braccio destro, Edvige Parisinotto, ricorda Archie Goodwin per la simpatica impertinenza, per il modo disinvolto di sdrammatizzare le situazioni, per la finta conflittualità con il suo capo. Molto originale, da parte della Pieraccini, l’idea nuova di creare addirittura una coppia di investigatrici femminili. Unica lieve fonte di disagio è l’elevato numero di personaggi, ma quelli principali sono molto ben caratterizzati.
Nel complesso, un’opera che “tiene” come plot, che diverte anche, senza stancare il lettore con pesanti descrizioni o digressioni, tenendo pienamente fede alla promessa del sottotitolo: “romanzo giallo con qualche pennellata di rosa e un tocco di comicità”.
Il libro fa parte della collana “Romandìola” pubblicata da Marzio e Luca Casalini, editori in Cesena di numerose collane dedicate prevalentemente alla storia locale e ai narratori della Romagna contemporanea.
Daniele Genova, IL NIDO DEI GABBIANI, Diabasis, febbraio 2000 (L. 22.000)
Un investigatore privato di Savona, Nico Mantovani, è l’io che narra brani della propria vita: i suoi amici, i suoi amori, la sua casa, i suoi luoghi…Ci presenta una serie di episodi della memoria scritti con un linguaggio scarno e levigatissimo, quasi fosse stato scavato dal vento e dal mare. Già, dal mare. Da tempo non leggevamo una storia ambientata nella Liguria di Ponente. Anche il sottogenere è diverso dal giallo-enigma: invece che nel giallo classico all’inglese qui siamo nell’hard-boiled, nel private-eye autobiografico. E’ un’indagine “poliziesca esistenziale sociale”, come recita la pagina in fondo al volume.
Il libro è impossibile da riassumere, proprio per lo stile frammentario intessuto di fatti e fatterelli. Mantovani, unico investigatore privato in città, vive vicino ad un paesino, in una casa immersa negli ulivi con una vista mozzafiato sul mare e su un isolotto dove i gabbiani hanno il loro nido. Le descrizioni dei paesaggi, delle piante e dei fiori sono sintetiche ma nello stesso tempo altamente poetiche: i luoghi paiono quasi metafisici. C’è un vecchio mistero che si porta dietro dall’infanzia: chi aveva effettuato nel 1941 la spiata ai fascisti che aveva portato alla morte del nonno materno? C’è il viaggio alla ricerca del padre, allontanatosi dopo il suicidio della moglie, mamma di Nico, che si era tuffata dal picco più alto della Ventosa, sfracellandosi sulle rocce. Il motivo rimase sconosciuto ma nella foto sulla sua lapide si vede un uomo sconosciuto che sorride. Ci sono poi le innumerevoli donne che immancabilmente varcano la soglia dell’ufficio di un detective privato, con alcune delle quali vive delle storie di sesso e d’amore. Dal detective si va anche per motivi di corna, di furti aziendali, di figli scapestrati, di mariti giocatori in preda agli usurai. Ci può andare anche una squillo per procurarsi clienti tra i mariti traditi e bisognosi di consolazione. Non manca neppure la dark lady, la donna fatale che porta la morte nel destino delle persone. Se poi questa ha collegamenti con la malavita organizzata, la sorte è veramente segnata.
Tutti queste storie a volte s’intrecciano come a volte càpita nella vita delle persone e Mantovani non fa eccezione.
Non fosse per il finale, si direbbe un libro di memorie vere e probabilmente è l’insieme di tante interessanti esperienze davvero vissute.
E’ un agile volumetto con le pagine che scivolano via veloci perché è scritto senza fronzoli, offrendo tuttavia al lettore alcuni scorci e riflessioni venate di neoromanticismo in puro stile Chandler.
Si tratta del primo romanzo di Daniele Genova, che è proprio di Savona e che di professione fa proprio il detective privato. Ha dei trascorsi editoriali di poesia e questo arricchisce indubbiamente il testo de IL NIDO DEI GABBIANI.
Le Edizioni Diabasis sono di Reggio Emilia ed il libro appartiene alla collana “Biblioteca Padana”, che annovera firme come Danila Comastri Montanari, Raffaele Crovi e…Charles Dickens!
Autori vari, TOSCANA delitti e misteri, Carlo Zella editore, giugno 2000 (L. 19.000)
La sfida raccolta da Graziano Braschi, curatore e postfatore del volume, era quella di “delineare la mappa in giallo e nero di una regione carica di storia, di arte e di vita sociale come la Toscana, cercando di evitare in buona parte gli stereotipi”. Infatti il libro contiene quindici racconti gialli e neri tutti scritti da toscani di nascita o di adozione che hanno ambientato i loro misteri e delitti in questa terra. Tra i quali racconti ve ne sono alcuni bellissimi. E dunque la sfida è stata vinta: è un libro che merita la lettura. Ecco autori e racconti.
Lucia Bruni è fiorentina, storico dell’arte, ha scritto articoli, recensioni, pubblicazioni nel campo delle arti visive, letterario e delle tradizioni popolari. Nel 1998 è stata segnalata al concorso “Orme Gialle” di Pontedera per la narrativa poliziesca inedita ed ha vinto il concorso “Le colombe” del Comune di Scandicci (Firenze) per un racconto del mistero.
IL VASO DEGLI UNGUENTI. Una professoressa di storia dell’arte di Firenze (come l’autrice) viene trovata morta, apparentemente a causa della caduta dal terzo piano di casa sua. Ma l’autopsia rivela una ferita alla nuca. Suor Costanza indaga e fornisce la soluzione al commissario Baratti.
Riccardo Cardellicchio, nato a Fucecchio nel 1939, è stato a lungo giornalista caposervizio de “Il Tirreno” ed ha creato il periodico “Toscana in libri”. Ha scritto parecchi libri di cronaca storica e alcune opere teatrali.
MINILEGGENDE NERE. L’autore ama le storie noir e le scrive con un taglio molto breve. E infatti anche queste sette storielle sono brevissime e sembrano tratte (e probabilmente lo sono) dalla cronaca nera di ogni giorno.
Luigi Carletti è nato a Piombino nel 1960 ed ha lavorato in numerose testate come giornalista, vincendo anche il Premiolino come miglior giornalista italiano per i giornali locali. Ha scritto due libri: UNA TRACCIA NELLA PALUDE (Baldini & Castoldi, 1996) e GIURAMENTO ETRUSCO (Baldini & Castoldi, 1998), da cui è stato tratto ALLA RICERCA DEL LUCUMONE ETRUSCO. E’ un piccolo noir che si svolge sul colle di Populonia. Miscela esplosiva classica del filone: due rivali in amore, la donna fatale (per uno dei due) e i soldi.
Linda di Martino, fiorentina d’adozione, ha insegnato lettere per trent’anni ed ha un primato: ha vinto due volte il premio A.Tedeschi con due pseudonimi diversi: come Domizia Drinna per TROPPO BELLA PER VIVERE (1987) e come Linda di Martino (nome della sorella) per L’INCIDENTE DI VIA METASTASIO (1996). Il suo ultimo giallo, intitolato ISOLA SEMPRE è stato pubblicato da Carlo Zella editore nel 1997.
I RICORDI DEL FUTURO. Bellissimo racconto in prima persona attraverso il diario di ieri e di oggi di una donna, mediana di tre sorelle, che affogò la più giovane e fiocinò a morte la più vecchia. Rievocazione agghiacciante e luciferina dalle lande della follia.
Alberto Eva, nato a Firenze nel 1940, ha vinto il premio Tedeschi nel 1980 con VE LO ASSICURO IO. Verve da “maledetto toscano”.
UN TESORO DI BAMBINA. Il protagonista del racconto attende d’incontrare una ragazza che conosce fin da bambina e vuole ucciderla perché ormai è una donna perduta. Morbosa e mortale rivolta di un proletario contro la contaminazione della lascivia che sporca la sua immagine d’innocenza personificata nella vittima, che una volta era un tesoro di bambina.
Nino Filastò, nato a Firenze nel 1938, è senza dubbio il più noto tra i giallisti toscani e la sua fama non è per nulla usurpata. Avvocato penalista che vive e lavora a Firenze, si è occupato di molti misteri d’Italia: il caso Lavorini, la strage dell’Italicus, le teste false di Modigliani, il Mostro di Firenze. Scrittore di vena fantastica, ha pubblicato LA PROPOSTA (Ed. Nord, 1985-Interno Giallo, 1991; due volte premio Italcon), romanzo di fantascienza sociale. Ma è anche autore di gialli di successo esportati anche in Francia, Germania, Olanda, Spagna in quanto creatore dei personaggi seriali degli avvocati Scalzi e Guerracci, in qualche modo alter ego di Filastò. Tra i suoi romanzi: LA TANA DELL’OSTE (Giallo Mondadori, 1986), TRE GIORNI NELLA VITA DELL’AVVOCATO SCALZI (La Casa Usher, 1989), INCUBO DI SIGNORA (Interno Giallo, 1990-Giallo Mondadori, 1998), LA MOGLIE EGIZIANA (Giunti, 1995-Giallo Mondadori 1997), LA NOTTE DELLE ROSE NERE (Mondadori, 1997-Giallo Mondadori 2000). Molto nota è la posizione innocentista di Filastò a riguardo del principale imputato, espressa in un libro del 1994, quando ancora non era coinvolto nel processo, dall’eloquente titolo PACCIANI INNOCENTE (Ponte alle Grazie).
MANIAC. Racconto che brilla come una gemma nella raccolta. E’ la soluzione – splendidamente giocata tra verosimiglianza e fantasia – nell’anno 2010 di un caso che somiglia maledettamente alla vicenda del Mostro di Firenze.
Filastò immagina l’incontro con il Mostro nel cinema di un paese dei colli fiorentini dove si proietta continuamente una serie di film, ciascuno dei quali è la fotocopia di ogni delitto, usciti nelle sale prima dei fatti. Qui l’io narrante viene appunto contattato da un inquietante personaggio alla dr. Lecter da vecchio il quale gli rivela di essere il Mostro invano ricercato e di essere stato ispirato da un film per ogni delitto commesso, cercando di ricreare nella realtà le stesse modalità del film. E come ci riuscì benissimo. E non è tutto…
Laura Grimaldi, nata a Rufina (Firenze), è stata alla Mondadori per quasi trent’anni, dirigendovi “Segretissimo”, “Il Giallo Mondadori” e “Urania”. Ha fondato la casa editrice Interno Giallo con Leonardo Mondadori e MarcoTropea nei primi anni Novanta. E’ la più nota “Signora in Giallo” italiana, vive da sempre a Milano ma le sue opere maggiori risentono delle sue origini toscane: la trilogia di successo IL SOSPETTO (Mondadori, 1988), LA COLPA (Leonardo, 1990) e LA PAURA (Mondadori, 1994). Nel 1996, presso le edizioni Pratiche, ha pubblicato la raccolta di saggi sulla scrittura IL GIALLO E IL NERO: SCRIVERE SUSPENSE.
PADRI E FIGLIE. Dramma familiare di un padre che commette atti incestuosi nei confronti delle figlie, con finale tragico. Il malessere nei rapporti all’interno delle famiglie è uno dei temi trattati dalla Grimaldi con maggiore frequenza e grande sensibilità.
Stefano Martinelli è nato e vive a Firenze. Ha scritto un racconto poliziesco della camera chiusa, L’IMPOSSIBILE DELITTO DI VIA SANT’EGIDIO (“G” – La rivista del giallo – n. 3/1998) e altre opere, tra cui una tragicommedia musicale per il teatro, non poliziesche.
CHI HA UCCISO MIA MOGLIE ? Un uomo commissiona l’assassinio della moglie ad un killer professionista. Ma questa viene uccisa per “legittima” difesa da un ladro d’appartamento occasionale appena prima dell’arrivo del killer, che trova il “lavoro” già fatto. Tuttavia finge con il marito di avere eseguito il contratto e vuole essere pagato ugualmente. Ma a questo punto la faccenda si complica perché il vero assassino decide di entrare in gioco…
Giuseppe Nòferi (1917-1995) era primario in un ospedale fiorentino e scrittore di gialli per diletto sin dagli anni ’60. Aveva pubblicato in vita quattro raccolte di romanzi gialli: LE INCHIESTE DEL COMMISSARIO ESPOSITO (Corrado Tedeschi, 1985), NUOVE INCHIESTE DEL COMMISSARIO ESPOSITO (Tip.Stella, 1992), OMICIDI PER IL COMMISSARIO ESPOSITO (Ponte alle Grazie, 1993) e OMBRE DEL PASSATO PER IL COMMISSARIO ESPOSITO (Loggia de’ Lanzi, 1994). PESCI PER IL COMMISSARIO ESPOSITO (Polistampa, 1996) uscì postumo e furono le ultime avventure di una saga poliziesca di almeno 18 titoli.
ASSASSINIO NELLA LIMONAIA. Uno stravagante pittore viene trovato morto nella sua casa con il collo squarciato da una coltellata. L’indice della mano destra, intriso di sangue, ha scritto sul pavimento una L maiuscola. L’indagine è svolta dal commissario Esposito e dall’ispettore Lucarelli (ma guarda…). Si tratta di un brano tratto dal romanzo REQUIEM PER UN CECCO BRAVO.
Riccardo Parigi & Massimo Sozzi. Parigi è nato a Sesto Fiorentino nel 1958, Sozzi a Massa Marittima (Grosseto) nel 1957. Insegnanti, scrivono in coppia ed hanno vinto numerosi premi, dal “Ghostbusters” di Bologna per il racconto umoristico (due volte: nel 1996 e nel 1997) al Gran Giallo Città di Cattolica (1996). Nel 1998 hanno pubblicato una raccolta di racconti ambientati in varie epoche storiche, GIALLO OCRA (Carlo Zella editore) e nel 1999 il romanzo IL CASO APPIANI (Todaro editore).
GREGGI. Un gruppo di amici al caffè, un pecoraio sardo violento, un giostraio con la prosperosa moglie che fa la battona nella roulotte del Luna Park, uno spaccato di vita tra la periferia e i pascoli. Ma a fare da elemento conflagrante in questa routine quotidiana è un postino con problemi irrisolti di violenza infantile mal sopportata, che era partito con l’idea di fare uno scherzo. Ma la rabbia repressa esplode.
Claudio Pellegrini è nato a Grosseto, ha studiato a Firenze e vive a Roma. Si autodefinisce etrusco. Ha scritto i romanzi FORNO CALDO PER CANI (ed.Data News, 1993) e LA DONNA DAL CUORE GIALLO (ed.Minotauro, 1994) ed ha partecipato con racconti nelle raccolte NEO NOIR, 16 STORIE E UN SOGNO (ed.Minotauro, 1994), NEO NOIR (ed.Stampa Alternativa, 1995) e ITALIAN TABLOID (ed. L’Altritalia). Il suo filone è il nero metropolitano postmoderno con tendenze cyber e splatter. Ha pubblicato un saggio nel libro VIVERE PER UCCIDERE, ANATOMIA DEL SERIAL KILLER (ed.Calusca).
IL MIELE DI RASPUTIN. Una efficiente ed efficace executive aziendale naviga per gioco su Internet e càpita in una chat-line sadomaso. Per provare emozioni proibite entra in contatto, anche poi fisico ma sempre in incognito, con uno dei suoi interlocutori il quale interpreta la parte del Master, padrone dominatore di lei schiava. I giochi erotici con questo diventano un’evasione irrinunciabile, pur continuando la solita vita: il lavoro, il fidanzato, ecc. Ma il suo Master viene ritrovato ammazzato e quindi scatta in lei il desiderio di scoprire chi era e chi l’ha assassinato. Riuscirà ?
Roberto Pirani, fiorentino, è bibliografo ed editore. Collaboratore come studioso altamente qualificato di numerose pubblicazioni (Giallo Mondadori, Delitti di carta, Foglio giallo), a partire dal 1994 sta pubblicando un monumentale DIZIONARIO BIBLIOGRAFICO DEL GIALLO (dal 1850 al 1993). Nel 1999 ha pubblicato ed editato LE PISTE DI SHERLOCK HOLMES, accurato bilancio delle edizioni italiane di scritti sherlockiani.
E’ ARRIVATA ZIA CAMILLA ! Gustoso e fulminante racconto da consigliare ai parenti di amabili vecchiette al marzapane, miti e zuccherose, linde e servizievoli, sempre pronte a dare una mano ai propri congiunti. Forse li metterà in guardia verso insospettabili diaboliche ziette dalla vocazione pericolosa.
Giampaolo Simi, nato a Viareggio nel 1965, ha partecipato a numerose antologie di horror, giallo e fantascienza e pubblicato racconti su alcune riviste (L’Eternauta, Delitti di carta). Ma soprattutto ha già scritto tre romanzi: IL BUIO SOTTO LA CANDELA (ed. Mauro Baroni, 1996), DIRETTISSIMI ALTROVE (ed. Derive-Approdi, 1999) e I FIGLI DEL TRAMONTO (Hobby & Work, 2000).
MASCHERE ISOLATE. Bellissimo racconto lungo a suspense, ambientato nella giornata finale del Carnevale di Viareggio. E’ scomparso un bambino di sei anni e il presidente del Carnevale si mette a cercarlo perchè è molto preoccupato. Preoccupato da morire. Atmosfere terrificanti, poetiche, nere e surreali alla Sclavi.
Enrico Solìto, nato a Roma nel 1954, vive dal 1970 nell’hinterland fiorentino dove lavora come pediatra e neuropsichiatra infantile. Ha scritto splendidi (i migliori) e rigorosi apocrifi sherlockiani, ricchi d’inventiva: UNO STUDIO IN HOLMES (Biblioteca del vascello, 1995), I CASI PROIBITI DI SHERLOCK HOLMES (Hobby & Work, 1998), SETTE MISTERI PER SHERLOCK HOLMES (Hobby & Work, 2000) e l’enciclopedia I DICIASSETTE SCALINI, ed. Torchio, 1998) dedicata al geniale investigatore di Baker Street. Dal 1998 è presidente dell’associazione “Uno Studio In Holmes”, la società italiana dei fans di Sherlock Holmes.
LA MALINCONIA DEL DOPO. Ottimo racconto, il primo non sherlockiano pubblicato da Solìto. Scritto in prima persona nei panni di un medico in un centro USL che assiste i drogati. Uno di questi abita con la madre sullo stesso pianerottolo dove è stata uccisa a coltellate una ragazza. La polizia trova la madre legata e imbavagliata e il figlio in cucina con le mani sporche di sangue e il coltello in mano. Sembra che abbia agito in preda alla cocaina. Il caso è risolto per gli inquirenti ma qualcosa non convince il medico-detective, alter ego di Solìto. Si sente l’esperto di problematiche mediche e sociali connesse alle tossicodipendenze.
Mario Spezi è nato nel 1945, è stato cronista di “nera” a “La Nazione” di Firenze ed ha scritto alcuni libri sul Mostro di Firenze e sulla Toscana nera. Ha pubblicato il romanzo IL VIOLINISTA VERDE (Marco Tropea, 1996), noir psicanalitico di grande qualità di scrittura, tradotto in Francia.
LE QUATTRO MORTI DI MATILDE BINI. Grande prova di bravura per lo stile, per la trama, per la fluidità della narrazione tutta al presente, per l’introspezione del pensiero della protagonista. Una vecchia quasi del tutto smemorata crede di assistere per quattro volte ad un delitto ma si tratta invece di scene di sesso estremo. L’ultima volta però finisce tragicamente per davvero. La vecchia comincia a ricordare ma forse ricorda troppo…